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Addio a Pietro Biscaldi, pioniere del beverage italiano e “cacciatore” di marchi internazionali


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Un cliente si può considerare tale quando ha ordinato almeno per tre volte di fila. Altrimenti è solo un curioso. Pietro Biscaldi

È con profondo cordoglio che il mondo del beverage in Italia dà l’addio a Pietro Biscaldi, storico imprenditore che ha guidato il Gruppo Biscaldi per decenni, imprimendo al settore un segno indelebile grazie alla sua visione internazionale e all’intuizione nel portare in Italia marchi e bevande iconiche.

Le ombre della sua scomparsa lasciano un vuoto non solo nella sua famiglia e tra i collaboratori, ma anche nell’intero comparto della distribuzione beverage.


Pietro era un figlio d'arte. Suo padre Luigi Biscaldi aveva fondato l’azienda nel 1969: inizialmente importando birre tedesche e whisky scozzesi da Genova. È in quel contesto che il gruppo prende vita e si affaccia al commercio internazionale.


Nel corso degli anni la azienda cresce, acquisisce esperienze, portfolio e visioni. Pietro assume un ruolo centrale a partire dal 1989, diventando amministratore delegato e imprimendo al gruppo una crescita vigorosa.


Sotto la sua guida, il gruppo evolve e si trasforma: nel 1992 l’acquisizione della società gallese Ty Nant Spring Water Ltd porta Biscaldi anche nel mercato delle acque premium, andando oltre la birra.



L’importazione di Corona: un salto strategico


Uno dei capitoli più celebri della sua storia (che raccontava sempre con piacere) è il ruolo svolto nella distribuzione della birra Corona Extra in Italia. Biscaldi ha gestito per molti anni la distribuzione italiana del marchio messicano, contribuendo a farlo conoscere al grande pubblico nostrano.


Quando, nel 2007, è stato annunciato il passaggio della distribuzione Corona in Italia a Carlsberg, il Gruppo Biscaldi era attivo da ben 18 anni sull’etichetta, con volumi lusinghieri (circa 170.000 ettolitri all’anno).


Questa lunga relazione con Corona ha consolidato la reputazione dell’azienda come partner affidabile nel campo dell’import-export di birre.



Innovazione e diversificazione: le “Dive di Biscaldi” e oltre


Con Pietro al timone, il Gruppo Biscaldi ha costantemente cercato non soltanto di importare marchi affermati, ma anche di anticipare trend e generare novità.

Il gruppo ha strutturato il portafoglio “Le Dive di Biscaldi”, etichette premium e speciali con personalità distintiva.


Tra i marchi storici distribuiti dalla Biscaldi non si possono citare

  • Asahi Super Dry (giapponese), introdotta negli anni ’90.

  • Viru, birra estone: nel 2009 il gruppo Biscaldi acquistò una partecipazione significativa, rafforzando la presenza internazionale.

  • Moritz, la storica birra di Barcellona, presentata da Biscaldi al mercato italiano come uno dei nuovi ingressi premium.

  • Il gruppo ampliò anche nei settori delle acque (Ty Nant, gallese), spirits, vini e bevande speciali (energy drink, integratori) con linee innovative e attenzione al prodotto di nicchia.


Inoltre, sotto la gestione di Pietro, l’azienda ha introdotto sul mercato italiano bevande non alcoliche come AriZona Tea e il tè “Vivaloe”, oltre a spirit e prodotti speciali come il gin Beara Ocean o le birre artigianali Blue Horn.


Da citare inoltre la mossa strategica condotta nel 2008 con l’acquisizione del 50% della società piemontese Premium Brands, ampliando il portafoglio in wine & spirits, rafforzando la rete distributiva nel canale Horeca e trasformando il Gruppo Biscaldi in uno dei principali attori del mercato del beverage europeo.


Durante i festeggiamenti per i 50 anni del gruppo (2019) Pietro ha puntato su innovazione e rinnovamento: la presentazione di nuove birre artigianali (Blanche, Belgian Ale) o novità come marchi gluten-free (Omission) hanno mostrato che la sua idea era tenere viva l’azienda (che definiva “una start-up che ha 50 anni) con slancio verso il futuro.



Visione strategica e leadership


Pietro Biscaldi non era solo un importatore, ma un selezionatore di marchi con potenziale. Nelle sue numerose interviste ha spiegato che spesso interveniva personalmente nella costruzione del marketing, strategia e posizionamento del brand sul mercato italiano.


In questo senso, la Biscaldi non si limitava ad “acquistare licenze”, ma cercava di creare valore locale: supporto a clienti Horeca, costruzione del canale, promozione, differenziazione del prodotto — fattori che le consentivano di restare competitiva in un mercato spesso dominato da grandi gruppi multinazionali.


In un panorama dove la distribuzione viene percepita spesso come “commodity”, Biscaldi riusciva a trasformarla in un’attività di “brand building”, rendendo l’importazione e la distribuzione un elemento strategico di marketing e differenziazione.



Il segreto di Pietro: la curiosità


Chi lo ha conosciuto racconta di un imprenditore curioso, visionario e in costante movimento.

Non si accontentava di importare un prodotto: voleva capire come raccontarlo, come farlo vivere nel bicchiere, come renderlo desiderabile.

Era un costruttore di ponti — tra culture, tra marchi e mercati, tra Italia e mondo. E in un settore spesso dominato da logiche industriali, Pietro Biscaldi aveva mantenuto qualcosa di artigianale: la capacità di scegliere, di credere nel gusto, di “sentire” il prodotto prima ancora di venderlo.



Un ultimo brindisi


Gli ultimi anni Pietro li ha spesi in una via crucis personale, combattendo come un leone contro una malattia bastarda che, pur minandolo nel fisico, non ne ha mai compromesso la voglia di osare, investire e continuare a lavorare nel settore che più amava.


Fino agli anni recenti, Pietro (coadiuvato dal figlio Luis) si è impegnato con passione a individuare nuovi mercati, nuovi gusti, e nuove definizioni del bere contemporaneo.


La sua è una figura che ha unito visionarietà internazionale e radicamento locale, con il porto di Genova come snodo simbolico dell’importazione, città dalla quale transitava gran parte delle merci beverage in Italia, e che Pietro portava nel suo cuore.


Oggi il nome Pietro Biscaldi rimane scolpito nel panorama del beverage italiano come simbolo di audacia e capacità di cambiamento. La sua scomparsa lascia un vuoto non solo nel portafoglio dei marchi, ma nelle persone che hanno creduto in lui, nei collaboratori e nei clienti che hanno sperimentato i suoi prodotti.


In questi giorni, nei magazzini, nei locali, nei bar e nei ristoranti che hanno ospitato le sue bottiglie, qualcuno sicuramente solleverà un bicchiere — magari una Corona, magari un gin tonic, magari una delle tante birre che Pietro ha fatto conoscere — e brinderà in silenzio.


Un brindisi semplice, sincero.


A chi ha creduto nel sapore delle idee.

A chi ha portato il mondo nel nostro bicchiere.

A chi ha reso la curiosità un mestiere.


Ciao Pietro, e grazie di tutto. Da oggi, ogni bottiglia aperta in Italia avrà un po’ del tuo spirito dentro. 🍻



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